9 giugno 2014 – Mission Intangibles. È il nome, che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, del gruppo di lavoro dell’Aiaf (l’associazione degli analisti finanziari) che si occupa di esplodere il valore degli intangibili nei bilanci aziendali. Un’esigenza sempre più sentita sul fronte imprenditoriale, ma anche da parte degli analisti finanziari che per valutare la performance delle imprese non possono più prescindere dagli aspetti immateriali. Che non sempre sono di facile lettura, soprattutto perché non esiste uno standard di compilazione delle variabili non strettamente finanziarie. Proprio per fare chiarezza e per fornire agli analisti finanziari gli strumenti di cui hanno bisogno, Andrea Gasperini, che di Mission Intangibles è il responsabile, ha deciso di condurre una ricerca scientifica, in collaborazione con l’Università Bicocca di Milano: nella prima fase, un questionario (guarda qui un estratto), destinato ai mille membri Aiaf, e che poi sarà esteso a circa 84mila analisti di un network internazionale, servirà a raccogliere i dati sulla percezione di chi fa ricerca sui bilanci e sugli strumenti che sono ancora carenti, ma che sarebbero necessari. L’avvio è previsto in questo mese di giugno.

«Partiamo da un dato – spiega a ETicaNews Gasperini – che gli intangibili sono una risorsa, dal capitale umano, alle variabili Esg. Da due anni inoltre si parla sempre più di bilancio integrato, ovvero di un reporting che includa le informazioni intangibili insieme a quelle finanziarie. Non come finora, in cui al bilancio consolidato si affianca il bilancio ambientale, sociale, di sostenibilità: tutta una serie di documenti che le aziende vivevano come un onere eccessivo in termini di tempo e risorse da dedicarvi. L’obiettivo finale è avere un documento unitario che dia le informazioni materiali, ma anche quelle utili a descrivere gli altri tipi di capitale non monetario e soprattutto il loro impatto sul valore dell’azienda, che è ciò che interessa investitori e analisti finanziari. Non esiste ancora uno standard». Ed è questo lo scoglio maggiore per gli analisti finanziari.

Il bilancio integrato è divenuto un obbligo di legge tre anni fa in Sud-Africa, quando la Borsa di Johannesburg lo ha imposto alle quotande. L’idea è piaciuta e si è diffusa anche in altri Paesi e l’Iirc (International integrated reporting council) spinge affinché si diffonda. In Italia non c’è obbligo, ma ci sono alcuni buoni esempi di aziende che hanno aderito alla reportistica integrata, ad esempio Eni, Enel, Banca Generali, il gruppo della gdo Despar. «E qui arriviamo noi – prosegue Gasperini -. Il bilancio integrato risponde veramente a quelle che sono le richieste degli analisti finanziarie? È in grado di fornire informazioni standardizzate, e non più confuse nei vari bilanci di sostenibilità, per poter esprimere un giudizio sereno sulla creazione valore e decidere se il titolo è buy o sell? E, soprattutto, il bilancio integrato è sufficiente a informare anche sui rischi a cui vanno incontro le aziende soprattutto in periodi di crisi?».

Proprio la crisi è stata il grimaldello per scoperchiare il vaso di Pandora degli intangibili. Perché la finanza, e quindi gli aspetti materiali, hanno fagocitato l’economia, e questo non è più accettabile in un contesto come quello che stiamo vivendo. Resta da capire se il bilancio integrato sia la risposta giusta. L’Aiaf lo ha chiesto agli analisti. «Ai quali – precisa Gasperini – fa piacere, come a tutti, sapere che un’azienda è responsabile dal punto di vista sociale, ambientale e del governance. Ma interessa soprattutto scoprire se tutto questo genera valore. Integrare il bilancio deve servire, soprattutto a creare un linguaggio comune che consenta all’azienda di comunicare con gli analisti sui dati che per loro contano sul serio».

Laura Magna

A cura di ETicaNews