15 gennaio 2013 – L’azionariato sociale salverà l’impresa italiana. Detta così è, forse, un po’ troppo forte. Tuttavia è una dato di fatto che sono sempre più numerosi i casi di azionariato diffuso che fanno vivere e rilanciano le piccole e medie imprese del nostro territorio. Ne è un esempio il caso Vht (Varese Hoisting Technology), nata nel Varesotto tra le ceneri prodotte della crisi economica ma soprattutto lanciata da una cordata di investitori, in parte rilevante rappresentata dai dipendenti, in grado di mettere in moto una nuova storia industriale. L’azienda di Bodio Lomnago, che produce sistemi tecnologici di sollevamento, ha raccolto attorno a sé le energie di un’intera comunità, è diventata una Pmi condivisa (wiki) e ha ripreso a correre.

LA VIA DA SEGUIRE
Ma chi vuole provarci come deve fare? Il racconto di Libero Donati, amministratore unico di Vht, e della cordata di investitori che ha creduto nel progetto, è una sorta di guida in sintesi di come l’azionariato sociale può creare valore per il territorio: «Partendo da zero – racconta Donati-, a gennaio 2012 abbiamo raccolto il capitale sociale di 4 milioni di euro, metà erogato dagli istituti di credito che hanno dato fiducia al nostro business plan, metà dalla quarantina di persone diventate socie di Vht, chi allo 0,5%, chi al 10%. Si tratta di addetti ai lavori, come system integrator e fornitori di componenti, ma anche di altri imprenditori e semplici sostenitori. Una compagine sociale orizzontale e aperta che testimonia la voglia della comunità di rilanciare le attività produttive in un territorio che, a causa delle acquisizioni straniere e della sfiducia degli imprenditori locali, sembrava votato alla deindustrializzazione». Il risultato? Dopo circa un anno, Vht occupa 13 persone e conta di chiudere il 2012 con un fatturato intorno ai 500mila euro. E il futuro è tornato roseo. Il progetto è di portare l’organico a 80 unità entro il 2016. «Abbiamo raccolto attorno a noi, in una sorta di filiera corta, le migliori realtà produttive del territorio -conclude Donati-. Operiamo insieme convinti di una cosa: non meritiamo di essere spazzati via dalla storia industriale italiana, ma per andare avanti, a Varese come in tutta la Lombardia, dobbiamo mettere a fattor comune risorse ed energie per tagliare i costi ed essere competitivi».

LE TAPPE DELLA RINASCITA
Il piano industriale di Vht ha proceduto spedito, tappa dopo tappa, con l’acquisizione della sede di Bodio Lomnago (15.500 metri quadri dismessi dalla Bticino), l’acquisto dei macchinari, le fasi di progettazione, sviluppo e test dei prodotti: componenti elettromeccanici per il sollevamento con gru (paranco elettrico a catena e a fune). A giugno l’Open Day per presentarsi agli operatori del settore, a settembre le prime consegne, in Italia e all’estero, con richieste che sono andate oltre le aspettative. «Dal mercato italiano ci sono state alcune sorprese, anche se in generale la contrazione è pesante, il mercato ha fatto segnare -40% in tre anni – spiega Libero Donati-. Noi continuiamo a tener fede ai nostri impegni e per crescere ci stiamo concentrando sui mercati esteri: economie emergenti come Brasile India, Sudafrica, Europa dell’Est, ma anche Usa e Canada».

Insomma, dal Varesotto alla conquista del mondo, partendo da un coinvolgimento construttivo i tutti gli stakeholder dell’azienda e del territorio intorno. Il tutto sotto uno slogan definito una vera è propria “missione etica” di Vht: rilanciare il comparto dei sistemi tecnologici di sollevamento, già fiore all’occhiello dell’industria varesina, trasferendo conoscenze e competenze ai giovani e creando occupazione sul territorio varesino.

Fabrizio Guidoni

 

A cura di ETicaNews