13 dicembre 2012 – La sfida delle rinnovabili è la wiki-energia. Ovvero, un «cambio di paradigma», come lo chiama Bank Sarasin nel recente report “Working towards a cleaner and smarterpower supply”, che porti a una vera e propria “revolution”. Una rivoluzione strutturale, culturale e in qualche modo politica, visto che l’istituto elvetico prende a prestito un concetto di Jeremy Rifkin (nel libro The third industrial revolution) e parla di democratizzazione dell’energia: «È essenziale – scrive Sarasin – che le industrie passino da un modello individuale a un modello d’azione comune al fine di creare collettivamente l’architettura ottimale per il sistema elettrico». Un modello comune che, peraltro, non vedrà coinvolte solo le aziende, bensì le «le autorità locali», e soprattutto le aree oggi ritenute non ottimali per decentrare gli impianti, dove sarà creato lavoro e «autosufficienza energetica». Uno scenario, per dirla alla Rifkin, in cui ci sarà una diffusione del potere lungo le reti intelligenti, fino a quella che era la periferia dell’impero. Se il sistema riuscirà a seguire questa strada, «le rinnovabili potranno coprire dall’80 al 100% dell’offerta di energia in Europa e America entro il 2050».

Un esempio? Sarasin parla di «regioni guidate da movimenti fortemente ancorati al territorio che si sono rese indipendenti dalle grandi utilities, creando allo stesso tempo lavoro e realizzando un’offerta di energia più pulita. In Germania – riporta il report – ci sono ormai 500 cooperative dell’energia che hanno investito oltre 800 milioni in tecnologie rinnovabili»

Il quadro di partenza, in ogni caso, è complesso. L’approfondito report di Sarasin parte da un’analisi della situazione attuale, in cui «per il pianeta sarà impossibile – si legge – proseguire senza trovare soluzioni sostenibili ai crescenti bisogni di energia». Attenzione, sottolinea Sarasin, questo non è un discorso «morale», o quanto meno non solo morale. La crisi energetica all’orizzonte rende «il tema delle rinnovabili uno dei temi di investimento più interessanti dei prossimi anni, e non solo su vasta scala, bensi anche a livello di ricerca, tecnologie, innovazioni di prodotto e di processo».

Il paradosso è che nonostante la fame di energia mondiale, per le rinnovabili non è un buon momento in termini di andamento in Borsa dei titoli, a causa «dei ritardi con cui si è stabilizzato l’eccesso di produzione» legato ai sussidi nell’eolico e poi nel solare. Anche nel 2012, circa la metà della nuova capacità installata di energia è stata rinnovabile, in crescita dell’8% sul 2011. Considerando anche gli impianti idroelettrici, le rinnovabili valgono già oggi il 25% della capacità energetica globale, e producono circa il doppio delle centrali nucleari (vedi la capacità rinnovabile).

A deprimere le quotazioni, anche gli ostacoli al processo di consolidamento del settore, ancora caratterizzato da molteplicità di player e, soprattutto, dall’assenza di operatori integrati dalla produzione di tecnologia alla distribuzione. Questo impedisce di sfruttare le maggiori efficienze sui costi: «Negli ultimi due anni – spiega il report – i costi dei pannelli solari sono caduti di oltre il 60%, un’accelerazione verso il basso che non era prevedibile»

In più, ad accelerare l’entropia del sistema, c’è l’effetto Cina. Nel 2011, nel mondo, sono stati investiti 200 miliardi di euro in capacità energetica rinnovabile, il 17% in più sull’anno precedente. Ebbene, «Pechino ha rapidamente raggiunto lo scalino più alto, con 40,1 miliardi investiti, specialmente in eolico e solare». Oltre Muraglia, adesso, «le industrie stanno in certi caso vendendo al di sotto del costo di produzione», provocando l’introduzione di dazi antidumping negli Usa e l’avvio di una battaglia commerciale mondiale.

Serve, dunque, un cambio di paradigma. «Sarà vitale – scrive Sarasin – che i player individuali (aziende di energia solare o eolica, utility, operatori di rete) si tolgano il paraocchi per creare, a un livello più alto, il sistema integrato più efficiente e affidabile possibile». L’obiettivo è trovare una soluzione ai problemi sul tavolo: «Il mix ottimale di energie, allargare il network, sviluppare sistemi di storage e introdurre le cosiddette reti intelligenti (le smart grid)».

La Terza rivoluzione idustriale di Rifkin, insomma, è già entrata nelle analisi di Borsa.

 

A cura di ETicaNews