5 novembre 2013 – Nella gara alla regolamentazione dell’equity crowdfunding, l’Italia segna un altro punto di vantaggio: da circa due settimane, infatti, è registrato in Consob il primo portale autorizzato alla gestione della raccolta online. Si tratta di StarsUp. Il sito, paradossalmente, è ancora in costruzione, ma rappresenta comunque un passaggio ”storico”. In diverse parti del mondo sono allo studio normative ad hoc e negli Usa un quadro di regole dovrebbe arrivare entro la primavera 2014. Ma l’Italia, per una volta, è avanti, primo Paese al mondo che ha già emanato una normativa sul crowdfunding. Il che significa opportunità. Ma anche sfide: dalla coesistenza con gli investitori istituzionali, alla gestione di un certo numero di soci esterni.

Nella realtà, a frenare gli entusiasmi ci pensano gli stessi protagonisti del “vantaggio” italiano. Per il momento si riscontra «molto interesse ma ancora poche domande di autorizzazione», ha detto Giovanni Musella di Consob durante il seminario che si è tenuto lo scorso 30 ottobre al Politecnico di Milano “L’Equity crowdfunding in Italia: a che punto siamo?”. In Italia al momento l’unica piattaforma attiva è SiamoSoci, un market place organizzato che permette agli investitori privati di trovare e selezionare aziende. Una sorta di motore di ricerca, quindi, che però non permette di investire direttamente nelle aziende. La situazione dell’equity crowdfunding in Italia presenta infatti due tipologie di operatori: «Da un lato, ci sono le piattaforme che fanno front office e devono essere necessariamente Consob-compliant, ossia consentono di sottoscrivere quote di capitale di rischio direttamente dal sito» spiega Giancarlo Giudici, professore alla School of Management del Politecnico di Milano, «e dall’altro ci sono quelle che fanno back-office, che non lo consentono direttamente». Come, appunto, SiamoSoci. Ma ai nastri di partenza sono ormai diverse piattaforme che permettono l’investimento diretto: il registro dei gestori di portali autorizzati da Consob ha dato il suo primo frutto, appunto, con l’iscrizione della piattaforma “StarsUp”. La delibera d’iscrizione è di due settimane fa: 18 ottobre 2013. E sono in fase di lancio Agis.co, Crowdfundme, Fundera, Opsidea, Startify, Startzai, Unicaseed, We are starting.

Ma per capire meglio la portata di questa rivoluzione finanziaria che comporta una «democratizzazione del rischio dell’imprenditore» è necessario anche vedere i numeri del crowdfunding in Italia. A questo proposito, il Politecnico di Milano ha istituito lo scorso anno il primo osservatorio sul settore nel nostro Paese, con 3.500 progetti seguiti. Suddivisi per nome, tipologia (for profit e social), target capital e altre caratteristiche interne, dal monitoraggio è emerso come il tasso di successo dei progetti sia ancora basso: la raccolta, infatti, resta al di sotto del 5% del target richiesto in circa il 70% delle idee presentate (nello specifico il 67,7% per i for profit e il 71,2% i social). Di conseguenza «i progetti vanno o molto bene o molto male, in tutti i casi è fondamentale raggiungere la massa critica in tempi brevi molto si gioca nella prima settimana», sottolinea Cristina Rossi Lamastra che cura l’Osservatorio.

A rendere possibile l’impresa concorrono diversi fattori tra cui la struttura delle ricompense, la qualità delle informazioni veicolate e il “capitale sociale” dentro e fuori la piattaforma dei singoli player: i contatti, le amicizie, la rete sui social network. L’osservatorio non si limita a monitorare il fenomeno, ma vuole essere una fucina di idee per i passaggi successivi per le imprese che hanno successo con una raccolta di crowdfunding, per esempio con l’istituzione (al momento il policy brief è in preparazione) di «un fondo di co-finanziamento».

 

A cura di ETicaNews